mercoledì 23 giugno 2010

MIRACOLO A TRIESTE (da I forum di Totus Tuus)

La notizia che sto per dare è quasi prodigiosa.
L’arcivescovo di Trieste, mons. Giampaolo Crepaldi, ha cominciato un bombardamento a tappeto contro il cattolicesimo adulto, alias cattoprogressismo postconciliare, alias cattomodernismo, alias fumo di satana.
L’evento è da spiegare per fasi:

L’antefatto

Trieste è dotata di un giornaletto - Vita Nuova - che si autodefinisce, dalla fondazione (1920), primo settimanale cattolico della diocesi. In realtà è l’unico, perché ogni altra voce è stata zittita a dovere.
È un foglietto di caratura modernista dove, al posto del Magistero, imperano i lemmi “Dialogo”, “Tolleranza”, “Accoglienza”, “Sfide”… insomma la solita carrellata di luoghi comuni che, propinati come la musica di un grammofono rotto, tutt’al più possono interagire con una salutare pennichella.
È un foglietto, come avrete capito, completamente insipido, dello stesso genere zoomorfo di una Famiglia Cristiana, per intenderci, o di una pubblicazione dei Paolini.

La rubrica delle Lettere del suddetto settimanale, tra i tanti venti di dottrina eterodossa (senza controreplica), ha ospitato sistematicamente negli ultimi sei anni una Lettera di Natale, all’apparenza innocua.
Solo all’apparenza: trattasi viceversa di un manifesto periodico di stucchevole dottrina cattomodernista, perpetrata da un drappello di preti di frontiera, allergici alla dottrina cattolica.
Gli stessi preti di frontiera, tra l’altro, che chiedevano pervicacemente la linea del silenzio o del sostegno alla causa della dolce morte, in merito alla vicenda di Eluana Englaro.
Ogni anno una lettera natalizia dai contenuti sempre diversi, ma dal messaggio identico e… aihmé ben conosciuto: la Chiesa deve aggiornarsi, basta con i dogmi, il vento del rinnovamento, riformare, riformare, riformare…

Il fatto

L’arcivescovo Giampaolo Crepaldi ha detto un secco, mirato, chiarissimo «basta».
Basta con il modernismo, cioè. Basta con il relativismo. Basta con il cattolicesimo adulto.
Ha riunito la redazione, l’ha strigliata a dovere e, per somministrare una provocazione inequivocabile, ha chiuso d’ufficio la rubrica delle Lettere.
Ma nessuno, a Trieste, aveva capito molto di tutto ciò, almeno prima delle reazioni stizzite dei maître à penser locali.

Le reazioni

Chi poteva protestare con l’arcivescovo, se non l’epigono dell’agonizzante cultura triestina?
Ma sì! Claudio Magris, tutto indignato, scrive allora al vescovo, dicendosi stupito per questo inspiegabile - inspiegabile per lui che, purtroppo, non ci arriva da solo - attacco al dialogo, da parte del porporato.
Come di consueto, Magris è lontano dalla comprensione delle cose umane e divine.
A questo punto mons. Crepaldi risponde schietto ed il mistero finalmente si scioglie.
Ovviamente l’arcivescovo ha chiuso la rubrica «non per mortificare il dialogo, ma per favorirlo». Afferma papale papale che Vita Nuova stava «scivolando lentamente dal suo essere uno spazio cattolico per diventare una specie di spazio neutro dove tutti potevano scrivere tutto e il contrario di tutto, fino al punto di auspicare una Chiesa di relazioni senza riti e senza dogmi».

Dialogo sì, ma con i giusti «presupposti»: «Chi non ha volto non è nella condizione di riconoscere il volto dell’altro e di dialogare con lui». Mons. Crepaldi non poteva essere più esplicito. Dialogare non significa inzupparsi nel caos democratico della fiera di tutte le opinioni, tanto caro a Magris e sodali.
E, proprio nei confronti di Magris, il presule affonda una sciabolata: «Nella mia vita ho imparato presto a diffidare di chi ha sempre in bocca le parole dialogo, tolleranza e pluralismo. Si tratta di persone, in genere, convinte di possedere la verità». Il vero compito del cristiano è, invece, quello di cercare «umilmente e cristianamente di rendersi disponibili a lasciarsi possedere dalla verità».

La risposta di mons. Crepaldi è un capolavoro, specialmente nel rispondere ai modernisti o alla «pretesa di qualche cultore del pluralismo più estremo che pesta i piedi per veder pubblicati i suoi scritti contrari alla fede, alla chiesa e al magistero con i soldi della Diocesi».
Proprio dei “cultori del pluralismo”, l’arcivescovo ne tratteggia l’ipocrisia farisaica: «Se poi tenti di sollevare il coperchio di qualche loro pentolino, eccoli pronti a mettere in scena un vittimismo che a me sembra senza dignità e responsabilità. Le uniche vittime se di vittime vogliamo parlare […] sono il bene immenso della fede cattolica e le casse della Diocesi.»

E, difatti, Vita Nuova tace o balbetta qualcosa. La Redazione si è chiusa ermeticamente nel «vittimismo», senza neanche sognarsi di obbedire. Loro sono discepoli di don Milani e, pertanto, non associano all’obbedienza nessuna natura virtuosa.
Certo, sono finiti i tempi del precedente vescovo Eugenio Ravignani, entusiasta della Chiesa adulta e silenziosa. Sotto di lui i gesuiti del Centro Veritas potevano tranquillamente invitare Vito Mancuso a dare lezioni di cristianesimo. In genere i vescovi triestini dell’ultimo mezzo secolo sono stati assai taciturni.

Mons. Giampaolo Crepaldi no. Lui non tace.
Molti della chiesa triestina sono con lui, in particolare don Giorgio Carnelos, parroco della Cattedrale, che senza timore difende l’arcivescovo: «Quello che mi dà fastidio sono i ”pretonzoli” che scrivono lettere. Se avessero più fede, non scriverebbero lettere e non agirebbero così. E questo vale anche per Vita Nuova. Quando non c’è fede, si agisce per sé».
I «pretonzoli», chiamati in causa rispondono con strafottenza: «Esprimiamo la nostra appartenenza alla Chiesa del Regno di Dio e del Concilio Vaticano II, la chiesa dell’opzione decisa per i poveri, la chiesa del pluralismo e del dialogo, la chiesa profetica dell’annuncio del Vangelo e della coerente testimonianza nella storia; non quella del potere, ma maestra dell’anima, sempre al servizio dell’umanità». Insomma, il consueto manifesto modernista cattoadulto.

Conclusioni

Anche se molti, come dicevo, danno man forte all’arcivescovo, devo purtroppo dire che la Chiesa di Trieste è quasi interamente nelle mani dei modernisti.
Non si riesce ad ottenere una sola Messa in latino domenicale, anche perché non la richiede praticamente nessuno.
Il percorso di mons. Giampaolo Crepaldi è francamente un cammino tutto in salita.
Certo questa bomba atomica ci voleva, ma i combattenti sono pochi e poco risoluti.
In ogni caso, non prevalebunt.
***
silvio