sabato 15 ottobre 2011

CULTURA: convegno a Roma su Lepanto a 440 anni dalla battaglia.

Il 7 ottobre 1571 l’armata cristiana guidata da don Giovanni d’Austria affrontava e vinceva la flotta turca nelle acque di Lepanto, avviando un declino dell’impero ottomano che sarebbe culminato, oltre un secolo più tardi con le vittorie cristiane a Vienna (1683) e a Belgrado (1717). Al giorno d’oggi, a fronte di un Islam sempre più bellicoso e desideroso di conquista, è opportuno riflettere sugli eventi e le circostanze che, nella seconda metà del XVI secolo, portarono ad un epocale scontro di civiltà, risoltosi con la vittoria cristiana.
Il tema è stato affrontato lo scorso 7 ottobre, durante il convegno Lepanto a 440 anni dalla battaglia, tenutosi a Roma, presso il Residence Ripetta e promosso dalla Fondazione Lepanto e dall’Istituto Nazionale per la Guardia d’onore alle Reali Tombe del Pantheon.
Come spiegato nell’introduzione dal capitano di vascello Ugo d’Atri, presidente dell’Istituto Nazionale per la Guardia d’onore alle Reali Tombe del Pantheon, la battaglia di Lepanto è storicamente fondamentale poiché segna la sconfitta di un esercito ottomano che, dopo la conquista di Cipro (1570), era ritenuto invincibile, in un’epoca segnata da forti divisioni geopolitiche nello scacchiere mediterraneo.
Secondo la storica ed archeologa Maria Grazia Siliato, Lepanto è in primo luogo «una categoria dello spirito», pur essendo stata una vittoria ottenuta al caro prezzo del sangue di migliaia di cristiani europei, vittime della crudele barbarie dei turchi. Dopo oltre un secolo di minaccia ottomana «il Mediterraneo tornava finalmente pacifico e il prezzo della pace, per quanto alto esso sia, sarà sempre più basso del prezzo della guerra».
La battaglia di Lepanto fornisce anche uno spunto per riflettere sul concetto di “guerra giusta”. Come ha osservato Massimo de Leonardis, professore di Storia delle relazioni internazionali all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, il Catechismo della Chiesa Cattolica (2321) riconosce come legittima non solo la guerra difensiva ma anche l’attacco, nel caso in cui si tratti di preservare la nostra civiltà. «La Dottrina Sociale respinge il pacifismo – ha detto de Leonardis – che è quasi sempre una capitolazione di fronte all’iniquità.
La Chiesa è, semmai, pacificatrice. Un bellum iustum, come ricordò nel 2004 il cardinale Ratzinger, fu la Seconda Guerra Mondiale. La stessa Gaudium et Spes sottolinea che il pericolo della guerra è ineliminabile e incomberà sull’umanità fino alla venuta di Cristo». Aneddoti e peculiarità sulla battaglia di Lepanto sono stati raccontati dall’ammiraglio Ezio Ferrante, secondo il quale una sconfitta avrebbe provocato il crollo della Repubblica di Venezia, quindi il dilagare dei turchi verso l’Italia, verso il Tirreno e verso l’Europa occidentale. Invece, per grazia di Dio, arrivò una vittoria che «non fu tanto un trionfo della croce sulla mezzaluna, quanto una vittoria della libertà, che 440 anni dopo è giusto ricordare».
Il professor Roberto de Mattei, presidente della Fondazione Lepanto, ha collegato la battaglia di Lepanto con la nuova fondamentale vittoria sui turchi, avvenuta 112 anni dopo: quella di Vienna del 1683. Così come, un secolo prima, la Cristianità e l’occidente furono salvati dalla fede e dall’eroismo di don Giovanni d’Austria e di san Pio V, alla fine del XVII secolo brillarono due figure omologhe, quella di papa Innocenzo XI e quella del genio militare di Eugenio di Savoia. Quelle di Vienna, Budapest (1686) e Belgrado (1717) sarebbero state le ultime vittorie della Cristianità sull’Islam, prima degli sconvolgimenti secolaristi della rivoluzione francese.
Nonostante la scristianizzazione che da due secoli logora il vecchio continente, che di fatto oggi, indebolendo moralmente la nostra civiltà, la rende nuovamente preda della conquista islamica, «lo Spirito di Lepanto non è mai morto ed è lo spirito della Chiesa Militante». (L. M.)