Da "DON CAMILLO
IL VANGELO DEI SEMPLICI"
a cura di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro
àncora editrice 1999
Giovannino Guareschi : GIACOMONE
riletto da
Giacomo BIffi
dal Vangelo di Marco (15, 21)
Allora costrinsero un tale che passava, un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e Rufo, a portare la croce.
GIACOMONE
Il vecchio Giacomone aveva bottega nella città bassa. Una stanzaccia con un banco da falegname, una stufetta di ghisa e una cassa.
Dentro la cassa, Giacomone teneva un materasso di crine che, la sera, cavava fuori e distendeva sul banco : e lì dormiva.
Anche il mangiare non era un problema serio per Giacomone, perchè con un pezzo di pane e una crosta di formaggio tirava avanti una giornata : il problema era il bere.
Giacomone, infatti, aveva uno stomaco di quel tipo che usava tempo addietro : quando, cioè, c'era gente che riusciva a trovare dentro una pinta di vino il nutrimento necessario per vivere sani e svelti come un pesce. Forse perchè, allora, non avevano ancora inventato le calorie, le proteine, le vitamine e le altre porcherie che complicano la vita d'oggi giorno.
Giacomone, quindi, finiva sbronzo la sua giornata : d'estate dormiva sulla prima panchina che gli capitava davanti. D'inverno, dormiva sul banco. E, siccome il banco era lungo ma stretto e alto, Giacomone, agitandosi, correva il rischio di cascare per terra : allora, prima di chiudere gli occhi, si avvolgeva nel tabarro serrandone i lembi fra le ganasce della morsa. Così poteva rigirarsi senza il pericolo di sbattere la zucca contro i ciottoli del pavimento.
Giacomone accettava soltanto lavori di concetto : riparazioni di sedie, di cornici, di bigonci e roba del genere. La falegnameria pesante non l'interessava. E, per falegnameria pesante, egli intendeva ogni lavoro che implicasse l'uso della pialla, dello scalpello, della sega. Egli ammetteva soltanto l'uso della colla, della carta vetrata, del martello e del cacciavite. Anche perchè non possedeva altri strumenti.
Giacomone, però, trattava anche il ramo commerciale e, quando qualcuno voleva sbarazzarsi di qualche vecchio mobile, lo mandava a chiamare. Ma si trattava sempre di bagattelle da quattro soldi e c'era poco da stare allegri.
Un affare eccezionale gli capitò fra le mani quando morì la vecchia che abitava al primo piano della casa dirimpetto alla sua bottega. Aveva la casa zeppa di roba tenuta bene e toccò ogni cosa a un nipote che, prima ancora di entrare nella casa, si preoccupò di sapere dove avrebbe potuto vendere tutto e subito.
Giacomone si incaricò della faccenda e in una settimana riuscì a collocare la mercanzia. Alla fine, rimase nell'appartamento soltanto un gran Crocifisso di quasi un metro e mezzo con un Cristo di legno scolpito.
"E quello?" domandò l'erede a Giacomone indicandogli il Crocifisso.
"Credevo che lo teneste" rispose Giacomone.
"Non saprei dove metterlo" spiegò l'erede. "Vedete di darlo via. Pare molto antico. C'è il caso che sia una cosa di valore".
Giacomone aveva visto ben pochi Crocifissi in vita sua : comunque era pronto a giurare che, quello, era il più brutto Crocifisso dell'universo. Si caricò il crocione in spalla e andò in giro ma nessuno lo voleva.
Tentò il giorno dopo e fu la stessa cosa. Allora arrivò fino a casa dell'erede e gli disse che se voleva vendere il Crocifisso si arrangiasse lui.
"Tenetevelo" rispose l'erede. "Io non voglio più saperne niente. Se vi va di regalarlo regalatelo. Se riuscirete a smerciarlo, meglio per voi : soldi vostri".
Giacomone si tenne il Crocifisso in bottega e, il primo giorno che si trovò senza soldi, se lo caricò in spalla e andò in giro a offrirlo.
Girò fino a tardi e, prima di tornare in bottega, entrò nell'osteria del Moro. Appoggiò il Crocifisso al muro e, sedutosi a un tavolo, comandò un mezzo di vino rosso.
"Giacomone" gli rispose l'oste "dovete già pagarmi dodici mezzi. Pagate i dodici e poi vi porto il vino".
"Domani pago tutto" spiegò Giacomone. "Sono in parola con una signora di Borgo delle Colonne. E' un Cristo antico, roba artistica, e saranno soldi grossi".
L'oste guardò il Cristo e si grattò perplesso la zucca : "Io non me ne intendo" borbottò "ma ho l'idea che un Cristo più brutto di quello lì non ci sia in tutto l'universo".
"La roba antica più è brutta e più è bella" rispose Giacomone. "Voi guardate le sculture e le pitture del Battistero e poi ditemi se sono più belle di questo Cristo".
L'oste portò il vino, e poi ne portò ancora perchè Giacomone aveva una tale fame che avrebbe bevuto una damigiana di barbera.
L'osteria si riempì di gente e il povero Cristo sentì discorsi da far venire i capelli ricci a un brigadiere dei carabinieri pettinato "all'umberta".
A mezzanotte Giacomone tornò in bottega col suo Cristo in spalla e, siccome due o tre volte si trovò a un pelo dal cadere lungo disteso perchè quel peso lo sbilanciava, tirò fuori di sotto il vino che aveva nello stomaco delle bestemmie lunghe come racconti.
La storia del Cristo si ripetè i giorni seguenti : e ogni sera Giacomone faceva tappa a un'osteria diversa e passò tutte le osterie dove era conosciuto.
Così continuò fino a quando, una notte, la pattuglia agguantò Giacomone che, col Cristo in spalla, navigava verso casa rotolando come una nave sbattuta dalla burrasca.
Portarono Giacomone in guardina e il Cristo, appoggiato a un muro della stanza del corpo di guardia, ebbe agio di ascoltare le spiritose storie che rallegravano di solito i questurini di servizio notturno.
La mattina Giacomone fu portato davanti al commissario che gli disse subito che non facesse lo spiritoso e spiegasse dove avesse rubato quel Crocifisso.
"Me l'hanno dato da vendere" affermò Giacomone e diede il nome e l'indirizzo del nipote della vecchia signora morta.
Lo rimisero in camera di sicurezza e, verso sera, lo tirarono fuori un'altra volta.
"Il Crocifisso è vostro" gli disse il commissario "e va bene. Però questo schifo deve finire. Quando andate all'osteria, lasciate a casa il Cristo. La prima volta che vi pesco ancora vi sbatto dentro".
Fu, quella, una triste sera per il Cristo : perchè Giacomone se la prese con Lui e gli disse roba da chiodi.
Si ubriacò senza Cristo ma, alle tre del mattino, si alzò, si caricò il Cristo in spalla e, raggiunta per vicoletti oscuri la periferia, si diede alla campagna.
"Vedrai se questa volta non riesco a rifilarTi a qualche disgraziato di villano o di parroco!" disse Giacomone al Cristo.
Era autunno e incominciava a far fresco, la mattina : Giacomone s'era buttato addosso il tabarro e così, col grande Crocifisso in spalla e il passo affaticato, aveva l'aria di uno che viene da molto lontano.
All'alba, passò davanti a una casa isolata : una vecchia era nell'orto e, vedendo Giacomone con la croce in spalla, si segnò.
"Pellegrino!" disse la vecchia. "Volete una scodella di latte caldo?".
Giacomone si fermò.
"Andate a Roma?" s'informò la vecchia.
Giacomone fece segno di sì con la testa.
"Da dove venite?"
"Friuli" rispose Giacomone.
La vecchia allargò le braccia in atto di sgomento e gli ripetè che entrasse a bagnarsi le labbra con qualcosa.
Giacomone entrò. Il latte, a guardarlo, gli faceva nausea : poi lo assaggiò ed era buono. Mangiò mezza micca di pane fresco e continuò la sua strada.
Schivò le strade provinciali; prese scorciatoie attraverso i campi e battè le case isolate.
"Passo di qui perchè la strada è piena di sassi e di polvere e ho i piedi che mi sanguinano e gli occhi che mi piangono" spiegava Giacomone quando traversava qualche aia. "E poi ho fatto il voto così. Vado a Roma in pellegrinaggio. Vengo dal Friuli".
Una scodella di vino e un pezzo di pane non glieli negava nessuno. Giacomone metteva il pane in saccoccia, beveva il vino e riprendeva la sua strada. Di notte smaltiva la sua sbronza sotto qualche capanna, in mezzo ai campi.
In seguito era diventato più furbo : s'era procurato una specie di grossa borraccia da due litri. Non beveva il vino quando glielo davano, lo versava dentro la borraccia : "Mi servirà stanotte se ho freddo o mi viene la debolezza" spiegava.
Poi, appena arrivato fuori tiro, si attaccava al collo della borraccia e pompava. Però faceva le cose per bene in modo da trovarsi la sera con la borraccia piena. Allora, quando si era procurato il ricovero, scolava la borraccia e perfezionava la sbornia.
Il freddo incominciò a farsi sentire, ma, quando Giacomone aveva fatto il pieno, era come se avesse un termosifone acceso dentro la pancia.
E via col suo povero Cristo in spalla.
"Vado a Roma, vengo dal Friuli", spiegava Giacomone.
E quando era sborniato e traballava, la gente diceva : "Poveretto, com'è stanco!"
E poi gli era cresciuta la barba e pareva un romito davvero.
Giacomone, che aveva la testa sulle spalle, aveva fatto in modo di gironzolare tutt'attorno alla città : ma l'uomo propone e il vino dispone. Così andò a finire che perdette la bussola e si trovò, un bel giorno, a camminare su una strada che non finiva mai di andare in su.
Voleva tornare indietro e rimanere al piano : poi pensò che gli conveniva approfittare di quelle giornate ancora di bel tempo per passare il monte. Di là avrebbe trovato il mare e, al mare, freddo che sia, fa sempre caldo.
Camminò passando da una sbronza all'altra, sempre evitando la strada perchè aveva paura di imbattersi nei carabinieri : prendeva i sentieri e questo gli permetteva di battere le case isolate.
L'ultima sbronza fu straordinaria perchè capitò in una casa dove si faceva un banchetto di nozze e lo rimpinzarono di mangiare e di vino fino agli occhi.
Oramai era quasi arrivato al passo. La notte dormì in una baita e, la mattina dopo, si svegliò tardi, verso il mezzogiorno : affacciatosi alla porta della baracca si trovò in mezzo a un deserto bianco con mezza gamba di neve. E continuava a nevicare.
"Se mi fermo qui rimango bloccato e crepo di fame o di freddo" pensò Giacomone e, caricatosi il Cristo in spalla, si mise in cammino.
Secondo i suoi conti, dopo un'ora avrebbe dovuto arrivare a un certo paese. Aveva ancora la testa annebbiata per il gran vino bevuto il giorno prima, e poi la neve fa perdere l'orizzonte.
Si trovò, sul tardo pomeriggio, sperduto fra la neve. E continuava a nevicare.
Si fermò al riparo di un grosso sasso. La sbornia gli era passata completamente. Non aveva mai avuto il cervello così pulito.
Si guardò attorno e non c'era che neve, e neve veniva giù dal cielo. Guardò il Cristo appoggiato alla roccia.
"In che pasticcio Vi ho messo, Gesù" disse. "E siete tutto nudo..."
Giacomone spazzò via col fazzoletto la neve che si era appiccicata sul Crocifisso. Poi si cavò il tabarro e, con esso, coperse il Cristo.
Il giorno dopo trovarono Giacomone che dormiva il suo eterno sonno, rannicchiato ai piedi del Cristo.
E la gente non capiva come mai Giacomone si fosse tolto il tabarro per coprire il Cristo.
Il vecchio prete del paese rimase a lungo a guardare quella strana faccenda. Poi fece seppellire Giacomone nel piccolo cimitero del paesino e fece incidere sulla pietra queste parole :
Qui giace un cristiano
e non sappiamo il suo nome
ma Dio lo sa
perchè è scritto nel libro dei Beati.
INSOLITA CANONIZZAZIONE
Di Giacomo Biffi
La scrittura di Guareschi - anzi sarebbe forse più pertinente dire il suo "discorrere" - più che a scegliere le parole con arte o a enunciare in modo rigoroso dei concetti, mira ad arrivare direttamente alle cose. Certo le parole, senza essere mai ricercate, sono sempre splendidamente efficaci e proprie; i concetti, offerti senza inutili compiacimenti, sono tutti limpidi e giusti. Ma ciò che si vuol raggiungere non è tanto un'ammirevole esposizione di idee nè una qualche originale virtuosità terminologica, quanto una "comunione con le cose".
Forse nasce da qui il caso insolito e curioso di un autore che sa conquistare la simpatia e l'apprezzamento di milioni di uomini di ogni ceto sociale e di ogni latitudine, ma ha sempre faticato a farsi prendere sul serio dagli "addetti ai lavori" letterari.
Guareschi ama, ricerca e in ogni pagina insegue ciò che è "reale". E questa, a ben riflettere, è la ragione della sua oggettiva, intrinseca e quasi involontaria religiosità : perchè - non dobbiamo mai dimenticarlo nonostante l'allergia della cultura dominante - tra tutti i "reali" il più "reale" è Dio. E non solo Dio, ma anche Cristo nel quale - ci rivela San Paolo - "tutte le cose sussistono" (Col 1, 17).
Così capita di scoprire in questi racconti folgorazioni teologiche degne dei più profondi pensatori cristiani.
Per esempio, alla lettura del difficile e tormentato rapporto di Giacomone con il grande Crocifisso che gli è venuto inopinatamente a incombere sugli omeri e sulla vita, viene in mente quel che dice sant'Ambrogio a proposito del Cireneo, il quale, senza averlo minimamente previsto e senza averlo affatto voluto, è entrato da protagonista indimenticabile - lui fino ad allora sconosciuto e del tutto disinteressato - nel dramma più decisivo della storia..........
"Il Vincitore innalzi ormai il suo trionfo! Sulle sue spalle viene imposta la croce come un trionfo, e - l'abbia portata Simone o l'abbia portata lui stesso - è sempre Cristo che porta la croce nell'uomo e l'uomo nel Cristo".
Anche Giacomone porta a spasso il suo molesto fardello, cercando di liberarsene. Ma nella verità profonda delle cose proprio questo suo compagno scomodo e opprimente "lo porta" : cioè gli dà la forza di reggerne il peso e di continuare a camminare. Anzi, lo guida e lo spinge su strade inattese, lo assimila progressivamente a sè e lo trasforma - da uomo senza ideali (che non fosse quello di assicurarsi la sua razione quotidiana di vino) - in un pellegrino proteso verso la santa Città degli apostoli.
Un'avventura spirituale come questa è incomprensibile al "mondo", e particolarmente al mondo ufficiale della cultura e del potere. "Questo schifo deve finire" gli dice infatti il commissario, che pure l'aveva riconosciuto non perseguibile.
Invece le vecchine capiscono : sono sostanzialmente della stessa stoffa di Giacomone, semplici come lui.
E non solo capiscono, ma senza volerlo gli rivelano la sua indole più autentica e la sua altissima "vocazione". Sono loro a farsi concrete collaboratrici della grazia nell'operare un prodigio : l'interiore elevazione di questo ubriacone che da sè solo non aveva nè progetti nè speranza.
........................
"Beati i poveri in ispirito, perchè di essi è il Regno dei cieli" (Mt 5, 3), aveva detto Gesù. Giacomone non poteva nemmeno sospettarlo, ma lui era uno di questi principi ereditari in incognito. Il suo Salvatore però lo sapeva e - per una strada inedita, che non si trova descritta nei trattati teologici - va a raggiungerlo dove egli si trova e piano piano lo conduce al vertice della gioia e della gloria.
..............................
All'inizio il Cristo - "il più brutto Crocifisso dell'universo" - è per lui solo un oggetto indesiderato e ingombrante, da vendere il più in fretta possibile a finanziamento di qualche bevuta. Poi adagio adagio diventa "qualcuno"; diventa una persona concreta e viva con cui si può anche litigare. "Giacomone se la prese con lui e gli disse roba da chiodi". E' la libertà di parlare e di insolentirsi che c'è tra gli amici sicuri.
Come? Il Figlio di Dio amico e quasi complice di un "beone"?
I ben pensanti si stupiscono; ma perchè non si ricordano più che anche il Figlio di Dio ha accettato di essere messo tra coloro cui piace più il vino dell'acqua : "Ecco un mangione e un beone" (Mt 11, 19), dicevano ai suoi tempi di lui.
Alla fine Cristo non è più solo un amico. E' un fratello da aiutare, da difendere, da amare :
"Giacomone spazzò via col fazzoletto la neve che si era appiccicata sul Crocifisso. Poi si cavò il tabarro e, con esso, coperse il Cristo"
Giacomone arriva così ai vertici della santità ed è ormai pronto per entrare nel Regno, secondo la promessa di colui che davvero non manca mai di parola :
"Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il Regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perchè...............ero nudo e mi avete vestito (mt 25, 34.36).
L'ortodossia di Guareschi è ineccepibile : non si dimentica neppure del necessario intervento della Chiesa nelle peripezie dello spirito umano. E' il cattolicesimo che egli attinge con naturalezza dalla storia e dalla cultura antica del nostro popolo, dal quale è sempre stato ben attento a non estraniarsi.
Non basta la "gente" a cogliere in modo esauriente il senso della misteriosa vicenda di Giacomone : "La gente non capiva come mai Giacomone si fosse tolto il tabarro per coprire il Cristo".
Ci vuole il giudizio della Chiesa, rappresentata al livello più vicino e diretto che è quello parrocchiale : "Il vecchio prete del paese rimase a lungo a guardare quella strana faccenda. Poi fece seppellire Giacomone nel piccolo cimitero del paesino e fece incidere sulla pietra queste parole :
Qui giace un cristiano
e non sappiamo il suo nome
ma Dio lo sa
perchè è scritto nel libro dei Beati".
Era per Giacomone una sorta di canonizzazione anomala senza dubbio, ma è lecito pensare che sia stata valida e preziosa come quelle che di solito si fanno nella basilica di San Pietro in Vaticano.
Nessun commento:
Posta un commento